Webquest_studi_e_ricerche

Webquest: una palestra dell’apprendimento per abduzione
di Salvatore Colazzo Relazione tenuta al Convegno organizzato dall'Università di Bari "Comunic@re. La formazione possibile", 10 maggio 2006. [Pubblicata sulla rivista “Studi e Ricerche” del Dipartimento di Scienze Pedagogiche, Psicologiche e Didattiche dell’Università di Lecce, anno VI, n. 13-14, pp. 11-21]. 1. Introduzione
Di Webquest ho cominciato ad interessarmi qualche anno fa. Allora in Italia i contributi su questa metodica si potevano contare sulle dita di una mano. Mi appassionai immediatamente per due ragioni: a) è una metodica semplice, che ricorre alle tecnologie informatiche in modo molto intelligente, che non può non riscontrare l'entusiasmo dei docenti; b) valorizza la dimensione collaborativa ed euristica delle attività di apprendimento. Pensai di inaugurare uno spazio nella Rete dedicato a Webquest. Costituii un piccolo gruppo di ricerca, formato soprattutto da studenti sia in discipline pedagogiche che ingegneristico-informatiche; coinvolsi un'azienda di servizi culturali del territorio, per avere un appoggio logistico1; ottenni l'interesse di un collega2; richiesi un esiguo finanziamento da parte del Dipartimento di Scienze Pedagogiche, Psicologiche e Didattiche della mia Università. Aprii un sito per approfondire dal punto di vista teorico la metodica e, connettendolo con esso, predisposi un applicativo web per tutorare i docenti che, venuti a contatto con webquest, intendessero impegnarsi in attività progettuali e realizzative, con l'intenzione, probabilmente piuttosto ambiziosa, di favorire la nascita di una comunità di pratiche fra gli utilizzatori della metodica. Dico: piuttosto ambiziosa, perché siamo riusciti a predisporre l'applicativo, abbiamo creato un repository di proposte didattiche basate su webquest, ma l'auspicata comunità non è mai veramente decollata. Una comunità - ci siamo resi conto - è molto più che un semplice luogo sommativo di esperienze, una comunità è un luogo di relazionalità sociale. Dunque, per animare attraverso un sito una comunità è 1 L'azienda nominata è la Cooperativa Sociale Kalé, sui cui server risiedono i siti a cui in altri passaggi 2 Si tratta del prof. Nicola Paparella, ordinario di Pedagogia Sperimentale alla Facoltà di Scienze della Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione indispensabile disporre di una molteplicità di risorse, è necessario impegno e tempo, di cui, però, noi non disponevamo. Questa intenzione, così, è rimasta nel limbo dei buoni propositi. Comunque, gli strumenti predisposti sono serviti. Abbiamo avuto positivi riscontri da parte dei naviganti, generalmente docenti, che, incorsi in “Webquest.it”, ci hanno voluto testimoniare il loro apprezzamento per l'iniziativa, avendo da essa ricavato lo stimolo ad approfondire ulteriormente i principi teorici a cui webquest si ispira. Abbiamo avuto un numero piuttosto alto di insegnanti, provenienti da diversi ambiti scolastici, che si sono registrati al sito applicativo “Apprendereonline.it”, con l'intenzione di servirsene nel corso delle attività con le loro classi. Alcuni tra questi si sono cimentati nella progettazione di webquest, utilizzando gli strumenti messi loro a disposizione, lasciando in tal modo traccia nel repository dei loro tentativi più o meno riusciti. Abbiamo deciso di monitorare la piattaforma, anche per avere contezza delle principali difficoltà incontrate dai docenti nel misurarsi con la metodica, non riuscendo a configurare effettivamente delle attività stimolanti lo spirito di ricerca dei discenti, richiedendo invece, piuttosto, la messa in atto di abilità di tipo applicativo. Molti dei risultati di questa nostra attività di monitoraggio sono stati portati al Convegno nazionale della SIRD (Società Italiana di Ricerca Didattica), ai cui atti rinvio per chi abbia curiosità di conoscere le evidenze delle nostre indagini sulla piattaforma3. 2. I vantaggi pedagogico-didattici di Webquest
Attualmente partendo dalle caratteristiche della metodica fissate da Bernie Dodge e Tom March, ci stiamo chiedendo come sia possibile in qualche modo farla evolvere e potenziarla, arricchirla per farla diventare un vero e proprio tool della mente impegnata in attività di problem solving, sfruttando i contenuti presenti nella Rete. Le principali direttrici lungo cui lavorare devono partire da un'attenta riflessione sulle caratteristiche strutturali del dispositivo: 1. Webquest sviluppa le capacità cognitive e metacognitive degli allievi facendoli diventare protagonisti di un’inchiesta virtuale che utilizza ampiamente la Rete. La Rete, quindi, è assunta come luogo possibile di costruzione della conoscenza. Navigando, noi possiamo – grazie alla scuola - maturare capacità strategiche di attraversamento della Rete, che poi essenzialmente significa imparare ad interrogare la Rete, ad usare i motori di ricerca, avere cioè una bussola nell'attraversamento del cyberspazio, evitando il naufragio. Con il riferimento alla Rete, Webquest interpone nella 3 Ci riferiamo al Convegno abbinato al V Congresso SIRD, “La ricerca didattica per la formazione dell'insegnante”, Università degli Studi di Bologna, 15-17 dicembre 2005. Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione relazione tra il docente e l’allievo il riferimento ad un ambiente, che è poi l’ambiente che noi abitiamo comunemente: internet, in cui noi siamo immersi e in cui compiamo quotidianamente una serie di operazioni, insegna ad assumere dei comportamenti adeguati dentro questo ambiente. Con questo riferimento all'ambiente, Webquest concepisce la relazione educativa come triadica: tra docente e discente si inserisce un medium , che è il contesto a cui insegnante e allievo devono fare riferimento per conseguire gli obiettivi formativi. 2. Webquest scommette sulla potenzialità motivante che ha l'apprendimento quando si prospetta nei termini di una inchiesta su base indiziaria. L'idea evidentemente non è nuova. Già prima di Webquest esisteva questa idea, ad esempio tra i fautori dell'apprendimento cooperativo, i quali, intorno alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso, avevano indicato nel Group investigation dell’apprendimento cooperativo. Webquest può essere reso più efficiente proprio nella direzione di strumento per lo sviluppo del pensiero abduttivo. Il pensiero abduttivo è stato definito da Aristotele come una forma di ragionamento che non dà alcuna forma di certezza, non ricava in termini analitici una qualche verità implicita nella premessa maggiore di un sillogismo, né peraltro mette in fila alcuna serie di dati di tipo empirico da cui poter ricavare una legge, non è né l’una cosa né l'altra, è un po’ l’una e un po’ l’altra. Le conclusioni a cui si perviene adottando l'abduzione sono delle conclusioni soltanto probabili. Con l'abduzione non c’è determinismo nelle conclusioni, lavoriamo nell’ordine della statistica. Qualche volta con l'abduzione si indovina, riuscendo a mettere assieme con sagacia gli indizi – che assumono il valore di spie di un qualcosa a cui rinviano - ai fini di una ricostruzione di uno stato della realtà inizialmente sconosciuto. Il pensiero indiziario è strategia messa in atto dalla mente per pervenire alla soluzione di un problema. Chiunque creda che il problem solving abbia un valore aggiunto nell'insegnamento / apprendimento non può non considerare il pensiero indiziario e, con esso, Webquest quale una metodica idonea a sviluppare le capacità necessarie per portare a soluzione situazioni problematiche. 3. Webquest può trovare una direzione di sviluppo se si considera la sua vocazione di metodo attivo. Attraverso Webquest gli allievi sono indotti a costruire i contenuti del proprio sapere, essi cioè diventano in qualche modo protagonisti dei processi di apprendimento. Il docente è chiamato soprattutto a preparare gli ambienti, a mettere a disposizione degli allievi le risorse a cui fare riferimento nella loro attività costruttivo-cognitiva; egli impagina la situazione in modo che sappia stimolare gli apprendimenti: egli Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione è un facilitatore. In quanto tale costituisce i gruppi, offre aiuto quando sia richiesto o si profili indispensabile, osserva le dinamiche relazionali nell'ambito del gruppo di apprendimento. Sviluppando queste dimensioni attivistiche di webquest, la metodica dell'apprendimento su basi socio-costruttivistiche. In questo caso conterà molto come andremo ad immaginare il contesto in cui l'inchiesta deve svilupparsi. 4. Webquest, esaminato da altra prospettiva, manifesta un indubitabile carattere ludiforme. Webquest somiglia ad un gioco. Con Webquest ci immaginiamo detective: siamo chiamati a risolvere un caso difficile attraverso un lavoro di équipe, il quale favorisce lo scaffolding. Nelle attività di gruppo gli allievi meno capaci possono realizzare con l’aiuto degli adulti di riferimento, dei pari più capaci, degli obiettivi, che altrimenti da soli non riuscirebbero a conseguire, attraverso lo scaffolding i soggetti meno capaci possono pervenire al limite delle loro potenzialità e forzarle. Il docente assume una significativa funzione “mediativa” dei processi di apprendimento4. 5. Di Webquest possiamo anche potenziare il suo collocarsi dentro la cornice della metodologia dell'apprendimento cooperativo. In questo caso andrebbe enfatizzato soprattutto il fatto che esso prevede uno schema valutativo che favorisce un approccio co-valutativo ai processi ed ai prodotti dell'apprendimento. Webquest, considerato sotto questo rispetto, deve immaginare il docente come un etnografo, che, osservando attentamente tutto ciò che succede nel gruppo impegnato nell'inchiesta, istituisce dei momenti riflessivi, attraverso i quali è possibile ricostruire i processi messi in atto dal gruppo nel corso della sua attività, confrontare le posizioni del docente e quelle degli allievi. Il processo di valutazione deve avere un'intenzione prospettica, cioè volta al miglioramento. Anche il momento valutativo finale deve pensarsi in quest'ottica: se noi dovessimo ripensare la nostra inchiesta quali elementi introdurremmo per renderla più efficace ed efficiente, ovvero: se dovessimo proseguirla in che direzione la orienteremmo? 3. Webquest e l'abduzione
Dei cinque punti essenziali, in questo intervento intendo sviluppare i primi due, ed in particolare il secondo, quello che assume Webquest a metodica emblematica per lo sviluppo del pensiero abduttivo. Voglio iniziare il mio ragionamento con un riferimento personale. Vi dirò come sia avvenuto che, scoprendo webquest, abbia ritenuto di aver 4 Utilizziamo “mediativa” nel senso che a suo tempo fu fissato dagli studi di Leont'ev e Vigotsky. Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione trovato uno strumento che avrei potuto, se l'avessi conosciuto, utilmente adottare nelle mie attività didattiche, ricavando significativi vantaggi. Prima di entrare nel mondo universitario, svolgevo l'attività di professore nell'ambito del Conservatorio. Ero a Bari, nella Scuola di Didattica, in cui si formavano (e si formano) i futuri docenti di educazione musicale. Avevo deciso, assieme ai miei allievi, di direzionare i nostri sforzi nella costruzione di un libro collettaneo, che nascesse dalla loro attività di ricerca di fonti documentarie negli archivi del territorio5. Era indispensabile un'attività preparatoria non indifferente. Fra l'altro ci proponemmo di compiere un'attenta riflessione metodologica, sul cosa è una fonte, come trattarla, quale atteggiamento avere nei confronti dei documenti, ecc. Chiamammo a farci da guida, fra l'altro, un testo: il bellissimo saggio di Carlo Ginzburg, Spie. Radici di un paradigma indiziario, che traemmo da un libro che trattava della revisione delle forme di razionalità nella postmodernità, un libro antesignano, a ben considerare6. Il saggio di Ginzbubrg parla del pensiero abduttivo applicato alle ricerca storica. Lì si afferma che una fonte è niente più che un indizio, che lo storico sa fare il proprio mestiere se sa reperire indizi: è la sagacia dello storico che sa scovare le fonti e, concependole come la spia di una realtà più ampia sottostante, disvela ipotetici stati di realtà passate e non più attualmente disponibili alla diretta osservazione. All'occhio dello storico attento tutto può diventare fonte, non cerca solo di ricostruire la verità dalle carte d'archivio, specie se ha in mente di dare della storia quegli aspetti che generalmente sono stati sottaciuti o ignorati. Lo storico in qualche modo è un indovino del passato: sulla base di un numero limitato di dati azzarda ipotesi e prospetta spiegazioni. Ma il saggio di Ginzburg è pure uno straordinario esempio di metodologia storica in atto - ricostruisce mirabilmente la storia del paradigma indiziario, avvalendosi di sparsi e segreti indizi - oltre che di brillante scrittura: si legge tutto d'un fiato, come fosse un giallo. Tracce del pensiero abduttivo sono rinvenibili nell'antichità più remota della storia umana. Il cacciatore per scoprire le sue prede, per sfuggire alle belve, divenne un scrutatore attentissimo di tracce: un ciuffo di peli, un'orma, un odore, tutto poteva rinviare ad un pericolo o indurre una febbrile attesa. Dai particolari abduttivamente sapeva risalire al tutto e assumere comportamenti conseguenti. Hanno natura abduttiva 5 Il libro al quale faccio cenno è Ricerca musicologica e didattica, a cura di Salvatore Colazzo, Amaltea 6 Il riferimento è al libro curato per Einaudi da Aldo G. Gargani, Crisi della ragione, Einaudi, Torino, 1979. Il saggio di Ginzburg è stato riproposto, in forma variata, in altre situazioni. E' possibile leggerlo, fra l'altro, in C. Ginzburg, Miti, emblemi, spie.Morfologia e storia, Torino, Einaudi, 1992, che reca altri significativi contributi dello stesso autore sul pensiero indiziario. Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione pratiche come la mantica e i vaticini. Si tira ad indovinare, sulla base d'un qualcosa assunto come sintomo, come traccia, come indizio. Arriverà la scienza, e il pensiero abduttivo sembrerà cadere in disgrazia, tranne che nelle arti mediche. Fisica e medicina si trovano a praticare forme di razionalità differenti, la prima sequenziale, algoritmica, la seconda intuitiva, quasi-divinatoria. Ma poi sempre la stessa fisica e la matematica capiscono che le leggi fisiche ed i teoremi matematici sono anch'essi frutto di creatività. L'intuito serve allo scienziato tanto quanto l'applicazione rigorosa del metodo7. Fino a che non arriverà Feyerabend ad affermare, provocatoriamente, ma anche salutarmente, che tra attività divinatoria e attività scientifica non c'è poi tutta quella grande differenza che noi amiamo immaginare8. Il pensiero abduttivo ha una fondamentale proprietà: è essenzialmente narrativo. Scorgo delle tracce mi faccio un'idea possibile della realtà, procedo nella foresta e scopro un altro indizio, che connesso alla prima scoperta, inficia la mia iniziale teoria, impone che disegni diversamente l'idea che m'ero fatto della realtà. Il pensiero abduttivo è mobile, lancia delle adattivamente, di avvicinarsi sempre più alla verità, per successivi affinamenti della rappresentazione che di essa ci si fa su base indiziaria. La verità è un processo, il cammino verso la verità una narrazione. Il gusto del raccontare maturò nelle comunità dei cacciatori perché i cacciatori dovevano indovinare, prima ancora di vederle, le vicende della vita che si svolgeva nella foresta, per profittarne, per non soccombere. Sentiamo spesso dire della necessità di fare della pedagogia una disciplina scientifica. Dobbiamo riuscire ad intenderci a quale modello di scientificità vogliamo riferirci, quella del rigore applicativo o quella, piuttosto, della clinica, che commercia con l'accensione improvvisa dell'intuito, che commercia con il caso e aspira alla narrazione9. La storia del pensiero abduttivo ci dice anche dell'altro in ordine alle potenzialità del paradigma indiziario. Nel Cinquecento un medico–stregone era diventato famosissimo, tanto da essere chiamato sinanco presso la Corte papale, a sollevare le sofferenze del supremo custode della cristianità, perché indovinava lo stato di salute dei suoi pazienti 7 Lo ribadiva spesso Albert Einstein, il quale arrivò ad affermare che tra l'impulso estetico e l'attitudine scientifica non vi è differenza di intenzione. Scrisse. “Io credo con Schopenhauer che l'impulso più
potente che spinge verso l'arte e la scienza è il desiderio di evadere dalla vita d'ogni giorno con la sua
dolorosa crudezza e il suo vuoto senza speranza di sfuggire alle catene dei desideri individuali più
sensibili fuori del loro io individuale, verso il mondo della contemplazione e del giudizio obiettivo.
(.) L'uomo cerca, in maniera adeguata alle sue esigenze, di formarsi un'immagine del mondo, chiara e
semplice, e di trionfare così sul mondo dell'esistenza sforzandosi di rimpiazzarlo,in una certa misura,
con questa immagine. E' così che agiscono, ciascuno a suo modo, il pittore, il poeta, il filosofo
speculativo, il naturalista”. Cfr. A. Einstein, Come io vedo il mondo. La teoria della relatività, trad. it.
Newton Compton, Roma, 1988.
8 Cfr. P.K. Feyerabend, Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, trad. it. Feltrinelli, 19978.
9 Di questi argomenti ho più ampiamente trattato in S. Colazzo, Abbozzo di un'ontologia pedagogica, in Ontologie, simulazione competenze, a cura di N. Paparella, Amaltea, Castrignano de' Greci, 2006. Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione dal colore e dal sapore delle urine. Le assaggiava e sapeva diagnosticare quello che poi noi avremmo successivamente chiamato il diabete. Metteva in dieta i suoi augusti clienti, ottenendo sorprendenti risultati, ed incassava la loro gratitudine, che si esprimeva in lauti omaggi. Il pensiero abduttivo sa valorizzare il dettaglio insignificante, lo scarto, perché lo eleva ad indizio, lo fa divenire segno di qualcos'altro, lo iscrive nel circuito della comunicazione. Nel particolare si cela la verità: Dio è nel particolare. Perciò il delitto perfetto non esiste: chi commette un delitto lascia involontarie tracce del suo passaggio, che la sagacia del detective saprà portare alla luce e renderle capaci di disvelare la verità. Morelli aveva imparato a smascherare i falsari e ad acquisire una straordinaria abilità nell'attribuzione dei quadri spostando la propria attenzione nei particolari: un lobo auricolare, le dita di un piede, il lembo di un drappo potevano tradire un falsario, che poneva ogni attenzione nel riprodurre un dipinto, ma si rivelava poi nell'apparente insignificanza dei dettagli, proprio nei dettagli emerge l'impossibilità di controllare ogni particolare del nostro comportamento. Lapsus, dirà Freud. Fratture da cui fa capolino l'inconscio. Ha delle affinità il mestiere dello psicanalista con quello del critico d'arte alla maniera di Morelli. Dettagli: forse a Freud l'idea di studiare l'inconscio ponendo attenzione ai particolari insignificanti, al non detto, all'alluso e all'eluso, venne da Morelli. Indizi: Freud giovane viene in Italia, scrive una lettera alla futura moglie e le dice del suo entusiasmo per un libro di uno sconosciuto, tal Morelli. La copia di quel libro, trovata su una bancarella di Roma, è nella biblioteca di Freud. Quando Freud scoprì Morelli, non aveva ancora enunciato la teoria per la quale diventerà famoso. Formulatala, tuttavia, non citerà Morelli tra le sue fonti, ma è lecito pensare che Morelli sia stato l'occulto ispiratore di Freud, in particolare del concetto di lapsus. Divertimenti: Morelli, per rendere pubblica la sua ricerca, scrisse – su riviste internazionali - delle recensioni che parlavano di questo nuovo straordinario metodo, inventato da un italiano ingegnoso - amante dell'arte, assai meno della spocchia dei critici d'arte -, sotto pseudonimo, disseminando nel contempo numerose tracce che, seguite da uno spirito arguto, avrebbero consentito facilmente di individuare il vero autore dei misteriosi articoli. Il pensiero abduttivo esige uno spirito capace di giocare. Sherlock Holmes, lo straordinario personaggio inventato da Conan Doyle, aveva uno spiccato senso del gioco, una indubbia propensione ironica, superata solo dall'arguzia straordinaria, che gli consentiva di esaltare particolari per altri insignificanti, riuscendo con eleganza a pervenire alla soluzione di casi generalmente piuttosto intricati. Coincidenze: Freud, Morelli, Holmes, Doyle hanno un dettaglio che li accomuna e che può spiegare questa capacità di trarre dal metodo Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione abduttivo dei risultati inattesi. Sono medici. Il paradigma indiziario è il metodo clinico. La semeiotica dispone all'ascolto di sintomi - all'occhio del profano semplici accidenti -, che rivelano al medico lo stato degli organi interni e dei processi che si svolgono dentro il corpo del paziente, fuori dalla possibilità della diretta osservazione. Il paradigma indiziario, come la pratica clinica insegna, per essere applicato abbisogna della sagacia dello spirito di chi lo adotta. La differenza tra un ottimo medico e uno mediocre la fa una imponderabile congerie di fattori, che sono nella soggettività dell'uno e dell'altro. 4. Un caso particolare di abduzione: la serendipità
Lavorando sul pensiero abduttivo, ho incrociato una sua forma particolare, la cosiddetta serendipità, di cui parla Merton in un suo libro uscito postumo Viaggi e avventure della Serendipity10. Questo testo giaceva in un cassetto sin dal 1958, ma poi non l'aveva più ripreso, né aveva mai pensato di pubblicarlo, finché un giorno di una quarantina d'anni dopo, parlando con alcuni redattori del Mulino, lasciò cadere il discorso su questo testo deposto tristemente in un cassetto. Gli proposero di offrirlo alle stampe. Con qualche titubanza, si lasciò convincere. E' una straordinaria testimonianza della capacità di Merton di fare scienza divertendosi, lo segnala come un fautore del paradigma indiziario. La serendipità è pensiero abduttivo in atto, con un'aggiunta: la capacità di chiamare in aiuto il potere fecondante del caso. Grazie alla serendipità infatti si riesce a trovare ciò che non si riteneva di stare cercando. Uno esce per fare una passeggiata in montagna, viene infastidito da alcune erbe che sospinte dal vento si appiccicano addosso al maglione di lana; torna a casa: è un disastro, bisogna staccarle ad una ad una. Si dà il caso che sia uno scienziato e che si incuriosisca della resistenza che le erbe oppongono al suo tentativo di tirarle via, abbia l'idea di osservarle al microscopio e di avere un'intuizione: sostituire i bottoni e le zip con un sistema molto più pratico: il velcro. Intuizione fortunata, visto che perfino le chiusure delle tute degli austronauti sono in velcro. L’80% delle scoperte scientifiche, tra cui anche il viagra è avvenuto per serendipità. Il viagra: si stava testando un farmaco per tenere sotto controllo la pressione arteriosa e si constata uno strano effetto indesiderato: si pensò bene di approfondire questa capacità della sostanza di sollevare – diciamo – il morale di persone altrimenti destinate a sicura frustrazione. La prima forma di serendipità attestata nella storia, è la legge di Archimede sul galleggiamento dei corpi. Si racconta che questa legge sia 10 R.K. Merton, E.G. Barber, Viaggi e avventure della serendipity, Il Mulino, Bologna, 2002. Cfr. anche R.K. Merton, S. Fallocco, La serendipity nella ricerca sociale e politica: cercare una cosa e trovarne un'altra, Luiss University, Roma, 2002. Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione nata dall'incontro tra il sospetto di un tiranno e l'ingegno di uno scienziato. Il re di Siracusa aveva chiesto ad Archimede di fargli sapere se l’artigiano al quale aveva affidato un certo peso di oro per fargli una corona d'oro massiccio, lo aveva imbrogliato, trattenendo per sé un po' dell'oro ricevuto e sostituendolo con qualche altro metallo. Archimede disse al suo re di non aver pronta la soluzione. Ci avrebbe pensato. Andò via dal palazzo assorto in mille pensieri. Come fare? Archimede pensò: una soluzione ci sarebbe, si potrebbe mettere in relazione il peso con il volume, sì, ma la corona non è un solido regolare. Poter determinare il volume. Arrivato a casa non riusciva a venire a capo del problema, rimuginava i dati della questione, ma la soluzione tardava ad affacciarsi alla sua mente. Decise di distrarsi. Volle recarsi ai bagni pubblici: “Bisogna mettere in relazione il peso e il volume, pensava, la densità, il peso specifico.” Si appresta a entrare nella vasca, è colma fino all'orlo, distrattamente vi si immerge e l'acqua tracima. Solo adesso vede il mezzo disastro che ha combinato, ma non se ne preoccupa, è preso come da un'eccitazione, la situazione gli ha offerto la possibilità di risolvere il problema. Pensa: l’acqua che è fuoriuscita avrà una qualche relazione con il peso del mio corpo che si è immerso. Ecco la soluzione della corona: allora io posso prendere una bacinella, immergere la corona, misurare il peso dell’acqua che deborda, e quindi risalire, con tutta una serie di calcoli a ritroso, al peso specifico della lega e confrontarla col peso specifico dell'oro. Sfortuna volle che Archimede appuresse che l’artigiano era stato disonesto col suo re. Il fedifrago ci rimise la testa: fu solo una questione di serendipità. Questa, e altre similari, sono le avventure della serendipità. Adesso anche l'industria del cinema ha tratto ispirazione dalla serendipità. Mi è capitato casualmente di imbattermi in Serendipity11, una commedia d'amore che si sviluppa tra l'America e l'Inghilterra, il cui motore è costituito per l'appunto dalla serendipità, che scioglie e riallaccia i rapporti, consente e vieta, aiutando i personaggi a conoscere se stessi, a scoprire quello che veramente vogliono. La serendipità aiuta chi è predisposto a cogliere del caso i suggerimenti. E' necessario, quindi, affinché si ricavi tutto il possibile dalla serendipità, dalla abduzione, che ci si alleni ad essere ben disposti verso l'abbondanza dell'essere e si divenga attenti ai dettagli. Formare al pensiero abduttivo è importante, specie oggi, era della complessità e della sovrabbondanza informativa. Formare al pensiero abduttivo è lavorare a formare l'habitus scientifico, perché non c'è scoperta scientifica, ci insegna Bourdieu, senza abduzione12. La conoscenza nella scienza non si persegue attraverso l'esattezza di un metodo che si conforma a un sistema di regole prefissato, è piuttosto il portato di un 11 Serendipity. Quando l'amore è magia, con John Cusack e Kate Beckinsale. Regia di Peter Chelsom. 12 Cfr. P. Bourdieu, Il mestiere dello scienziato. Corso al College de France, 2000-2001, trad. it. Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione mestiere, del complesso di conoscenze tacite di cui un mestiere consta, è il risultato del fiuto, del colpo d'occhio, dell'intuizione. Salvatore Colazzo, Webquest, una palestra dell'apprendimento per abduzione

Source: http://nuke.salvatorecolazzo.info/Portals/0/Webquest_Studi_e_ricerche.pdf

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