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Colpo di scena! Vi scrivo di nuovo dal Friuli, dove sono rientrata la settimana scorsa. Ho lasciato il lavoro all’Oasi in maniera rocambolesca il 29.12, assieme a Françoise, Anne e la sua famiglia. Ma procedo con ordine. Sono ripartita dalla Svizzera il 15 dicembre e, come previsto, mi sono incontrata a Marrakech con Françoise, l’amica francese che avevo conosciuto un anno fa all’Oasi. Lei ha lasciato il suo lavoro di segretaria personale in una multinazionale per iniziare una nuova carriera come “tour operator”. Propone viaggi responsabili e sostenibili, sia in Francia che all’estero, fra i quali anche il deserto del Marocco. Aveva scelto l’Oasi come meta del suo viaggio e, piacendole il progetto, propone questa destinazione ai viaggiatori interessati. Ha accompagnato un primo gruppo questo novembre, poi Abbas l’ha invitata a ritornare per il periodo di capodanno per darci una mano. Così ci siamo messe d’accordo per fare il viaggio da Marrakech all’Oasi insieme. Marrakech ci ha accolte con pioggia, vento e freddo. Dall’aeroporto abbiamo subito preso un taxi per arrivare la sera a Ouarzazate, dove avevamo prenotato una stanza. Ma, prima di arrivare sul passo del Tichka (2260 m), ci ha accolti la neve e la strada è stata bloccata dalla polizia. Volevano addirittura farci tornare a Marrakech! Insistendo abbiamo trovato una stanza in un albergo semi-chiuso, freddissimo. Malgrado i sacchi a pelo e le coperte c’era da battere i denti! Il giorno dopo un sole splendente illuminava i picchi innevati della catena dell’Atlante e dopo una minestra calda, la colazione tipica di quelle parti, siamo ripartiti lentamente verso Ouarzazate. Dopo un passaggio all’agenzia Iriqui per salutare Laura e Yasmin, abbiamo proseguito il nostro viaggio con un altro taxi fino a Zagora, dove ci aspettava il sig. Aziz, tecnico gentilissimo della Maroc Telecom che mi aveva preparato il CD per la connessione internet all’Oasi. Verso sera siamo finalmente arrivate a M’hamid, stanche dal lungo viaggio. Abbas ci ha salutate brevemente all’hotel Iriqui, poi è partito di corsa verso Zagora. Ho tentato di chiedergli un’informazione per poter subito seguire i pagamenti dei debiti presso i commercianti e dei salari vari, ma, come spesso accadeva ultimamente, mi ha subito risposto male dicendo che non è affar mio! Noi abbiamo dormito all’hotel, poi, il mattino dopo siamo approdate all’Oasi, dove ci aspettavano Anne, l’amica belga con la quale avevo partecipato alla carovana in febbraio, Pierre, il giovane volontario inviato da Philippe, Mbarek, il cuoco e Jellùl, l’agricoltore. Da non dimenticare il mio trio, Chico, Kerita e Max, che dopo la scenata “siamo molto offesi perché ci hai abbandonati”, ci hanno fatto mille feste e scodinzolamenti! I giorni seguenti ci siamo messi tutti al lavoro – c’era molto da fare! Mentre i 4 operai stavano ancora ultimando i lavori di rifinitura nella nuova cucina e nei nuovi sanitari, noi abbiamo sistemato i materiali edili sparsi ovunque, spostato ed intassato una camionata di legni per il fuoco di capodanno, preparato e decorato il ristorante, pulito e ripulito cucina e sanitari. Nel frattempo erano arrivati anche Roland e Marie-Julie, il marito e la figlia di Anne dal Belgio. Il clima allegro che si era formato tra di noi ha iniziato a cambiare dopo l’arrivo di Corinne, la socia Svizzera e sua cognata Marina. A dire il vero, Marina è simpatica e stava bene con tutti, ma Corinne ha subito mostrato un comportamento da piccola capa, senza però prendere in mano l’intera gestione del lavoro. Inevitabile la conseguente formazione di due gruppi che si guardavano in cagnesca, facendo però finta che tutto va bene…. Abbas, al suo arrivo all’Oasi, deve aver notato qualcosa, e, invece di riunire tutti e chiarire la situazione, ha preferito scappare nel deserto con un suo amico. Poi, il 28 è arrivato Philippe con il gruppo di 14 clienti svizzeri. Erano partiti la mattina presto da Ginevra e avevano viaggiato tutto il giorno per arrivare finalmente dopo le 22.00 all’Oasi – un viaggio massacrante ed estenuante! Stanchi morti com’erano non hanno neanche visto l’accoglienza che avevamo preparato, con innumerevoli candele e lanterne accese dappertutto. Però Philippe ha notato che io non ero sul portone ad accoglierli al momento del loro arrivo e, al posto di dirmi buona sera, ha iniziato ad urlarmi che avevo fallito nell’unico compito che avrei dovuto svolgere, quello di un’adeguata accoglienza dei suoi clienti! E’ stata la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso…. Assieme a Françoise, Anne, Roland e Marie-Julie ho deciso di non restare all’Oasi per la festa di Capodanno e di lasciare che “se la sbroglino” gli altri. Non c’erano più le condizioni per continuare a stare, soprattutto per me che non sapevo più (ma a dire il vero non l’avevo mai saputo) quale fosse il mio compito in quel progetto. Il giorno seguente c’è stata un tentativo di discussione con Philippe e Corinne, ma mi sono accorta che non capivano l’entità del problema: continuavano a dirmi che giocavo la vittima e che stavo facendo di tutto per difendere il mio posto ecc. Nel pomeriggio, quando avevamo già allineato i nostri bagagli e stavamo aspettando un fuoristrada che venisse a prenderci, è arrivato Abbas. Senza rivolgerci la parola si è seduto in riunione con Philippe, Corinne e Pierre che gli hanno dato la loro versione dei fatti; purtroppo la sera prima, nella foga della discussione, mi era sfuggita una frase che non avrei dovuto dire, e che ha dato l’opportunità à Abbas di aggrapparcisi e di farne IL problema. Non sapendo come gestire la situazione, si è lasciato andare ad una sfuriata colerica contro il nostro gruppetto ed è praticamente così che ci siamo lasciati. Mentre attendavamo il fuoristrada all’esterno dell’Oasi, si sono riuniti a noi i 4 operai che, saputa la notizia, ci hanno salutato tutti con le lacrime agli occhi. Avevamo passato delle indimenticabili serate intorno al fuoco, cantando canzoni tradizionali marocchine, francesi, belghe e l’ormai classico “O bella ciao”. Gli operai non parlavano francese, ma ci capivamo lo stesso, a gesti, a moti. Non scorderò i loro volti a volte sorridenti, allegri, a volte pensierosi, illuminati dal fuoco crepitante. Ad uno ad uno ci hanno portato i loro numeri di telefoni, scritti con difficoltà su un pezzo di carta straccia, raccomandandoci di tenerci in contatto con loro. Questo gesto mi ha fatto molta tenerezza …. questi lavoratori semplici con le mani piene di vesciche e calli che ci mostravano tutta la loro amicizia e gratitudine. Anche Mbarek, il giovane cuoco e Jellùl, il mitico agricoltore erano commossi quando ci siamo salutati. Sono stata poi a dare una carezza agli amici a 4 zampe, i quali non hanno chiesto grandi spiegazioni, ma hanno sentito perfettamente che c’era qualcosa che non andava: Kerita, la mia preferita, mi ha abbracciato le caviglie con le zampe anteriori e non voleva più lasciarmi! Dopo questi momenti intensi , l’attesa per la macchina è durata ancora per un paio d’ore, durante le quali eravamo come in sospeso nel tempo, all’esterno dell’Oasi, con la porta chiusa alle spalle, nel buio – poi, finalmente un rumore di motore e la luce di due fanali che lentamente si avvicinavano. Salvi! A M’hamid ci attendeva Boujemàa, l’attuale responsabile dell’albergo. Aveva già ricevuto una telefonata che ci interdiva di pernottare all’hotel Iriqui! Era già tardi e Anne e famiglia hanno trovato una stanza in un albergo di fronte e Françoise ed io abbiamo accettato l’invito della famiglia di Boujemàa a dormire nella casa vuota di una delle sorelle. Abbiamo passato dei bellissimi giorni a M’hamid, con delle lunghe passeggiate fino alle antiche Casbah, ancora abitate, che mi piacciono tanto. Anne e famiglia si sono trasferiti da Houssine, che gestisce un camping con due dei suoi fratelli. Sono molto gentili ed hanno costruito un posto veramente molto bello e semplice. Si sta bene lì. Così loro hanno festeggiato Capodanno nel Camping, mentre Françoise ed io siamo rimaste con la famiglia di Boujemàa, simpaticissima, ed abbiamo finito l’anno vecchio ed iniziato quello nuovo nel migliore dei modi, in piena tranquillità. Ne sono veramente grata. I due giorni successivi sono passati all’insegna di riposo e rilassamento. Noi donne siamo andate al hamam, il bagno pubblico, ed è stata una bella esperienza, soprattutto perché eravamo abbastanza impacciate e goffe, poiché nessuna di noi conosceva le procedure da seguire. Poi abbiamo visitato con Brahim, il fratellino di Houssine, la parte vecchia di M’hamid che dista circa 7 km da quella attuale. E’ come entrare in un altro mondo, antico, arcaico, ma ancora vivo e vegeto. Le antiche case non hanno l’acque corrente, ma da qualche anno c’è l’elettricità. L’acqua viene erogata in orari precisi una volta al giorno presso il “rubinetto” pubblico, che poi viene chiuso a chiave. Le donne si presentano munite di un buon numero bidoni in plastica da 5 lt che vengono poi conservati nei punti più freschi della casa. Le case sono costruite tutte in argilla e paglia, hanno una corte interna all’aperto e alcune stanze sia al piano terra che al primo piano. Tutte hanno anche una terrazza dove dormono in estate quando qualunque dentro è troppo caldo. Sono case semplici, ma di una bellezza e rifinitezza straordinarie. Ci si sente veramente bene in quei posti. Se ci si muove con una guida del posto, c’è sempre l’occasione di entrare in qualche casa di un parente o un amico che, dopo aver mostrato tutta la casa, offre volentieri un tè ed un pezzo di pane appena sfornato, contro un piccolo ricompenso che aiuta la famiglia a tirare avanti. Non c’è praticamente turismo in quella parte di M’hamid e non c’è neanche commercio. Tranne un piccolo negozio di coloniali, tutto dev’essere acquistato e trasportato dal nuovo villaggio. Anne e la famiglia sono partiti per Ouarzazate il 2 gennaio ed io sono rimasta con Françoise ancora due giorni in più. Poi siamo partite con la corriera delle 06.00 per Marrakech, dove avevamo ancora qualche giorno di tempo prima della partenza nei rispettivi paesi. Abbiamo trovato un albergo economico vicino a Jamàa El Fna, la piazza più folle che conosco. Françoise era già stata a Marrakech, così mi ha fatto da guida e mi ha mostrato i bellissimi giardini Majorelle, il museo di storia e l’antica scuola coranica. Il tempo non era dei migliori e così dopo due giorni abbiamo deciso di andare ad Agadir per incontrare due rappresentanti di cooperative femminili che si occupano della produzione dell’olio d’Argano. Agadir è una città balneare moderna; è stata completamente ricostruita dopo il terremoto negli anni ’60. Come a Marrakech si vede che stanno entrando enormi somme di denaro che si trasformano in costruzioni sontuose, alberghi di lusso, negozi e ristoranti di tutti i tipi. Il lungomare è interminabile e la lunga spiaggia sabbiosa apre sulle onde dell’atlantico. Gli incontri con le cooperative non sono stati del tutto convincenti, solo una ci sembrava buona. Faremo delle ricerche per essere sicure che le donne che producono l’olio con tanto lavoro manuale ricevano veramente un salario equo. Al rientro a Marrakech abbiamo contattato, su suggerimento insistente di Anne, il sig. Ilyas che dirige alcuni riad in città. Anne e famiglia lo conoscono da tempo avevano alloggiato in uno dei riad prima di rientrare in Belgio. In quella occasione avevano parlato di quanto successo all’Oasi e lui voleva conoscere anche Françoise e me per vedere se si potesse ideare insieme qualche progetto. Infatti il sig. Ilyas sembra veramente interessato a una collaborazione. Lui vuole creare un sito internet con una vasta gamma di offerte, dai biglietti aerei ai trasferimenti su strada, dall’autonoleggio ai riad, compreso proposte di escursioni in varie zone del Marocco. Ci ha chiesto di proporre delle escursioni nel deserto da inserire ne suo sito. E dato che lui ha collegamenti e conoscenze di tour operator ed agenzie viaggi in mezza Europa, forse qualcosa ne esce…… Ci ha invitate ad alloggiare in uno dei riad che sta gestendo – roba da mille e una notte! Una bella differenza dalla stanza fredda e rumorosa dell’alberghetto da quattro soldi! I riad sono delle tradizionali case della medina (centro storico) con corte interna aperta, piano rialzato e terrazza. Erano state abbandonate da tempo, poi da alcuni anni sono stati scoperti, acquistati e restaurati da persone europee per scopi turistici. Adesso si sono trasformati in bellissimi ed incantevoli alberghi nascosti nei tortuosi vicoli della medina. Così abbiamo concluso la nostra avventura in maniera principesca – quale finale migliore per questo racconto?

Source: http://www.kaleidoscopeproject.eu/wp-content/uploads/2010/12/Diario-2009-01-22.pdf

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